Romeo: un ragazzo che non corrisponde a ciò che la società si aspetta da lui
Romeo è un ragazzo che ama la musica degli anni ’70, che preferisce il silenzio del negozio dello zio alle feste con i coetanei. Romeo inizia la sua storia in ospedale, e poi ci racconta in versi cosa e chi lo ha portato in quel luogo così estremamente bianco.
Romeo non è un ragazzo arrabbiato, non esprime la sua rabbia con parolacce, non ricerca esperienze forti, cerca la vera amicizia ma è circondato dal gruppo. Da un gruppo che non lo accetta per ciò che è, perchè accettarlo vorrebbe dire vederlo. Romeo vive in una famiglia che sembra “normale”, una famiglia che lo vede come una persona sfumata ma senza sfumature.
Romeo conosce Justine e con lei si sente libero di essere se stesso e non quello che gli viene richiesto perchè un ragazzo, maschio nella nostra società non può essere come lui si sente.
Leggere in versi, come una canzone
La storia di Romeo ci viene raccontata usando una scrittura in versi, una specie di canzone o di messaggi. Questo tipo di scrittura rende il ritmo della narrazione ritmato e riesce ad esprimere con poche parole concetti complessi, emozioni contrastanti anche quando si tratta di descrivere un atto di cyber bullismo che Justine subisce.
perchè leggere questo libro
Questo romanzo parla a tutti i ragazzi e alle ragazze che non si ritrovano nelle storie estreme, che hanno bisogno di un racconto delicato in cui ritrovare le proprie sfumature. Un racconto in cui Romeo rappresenta i ragazzi che parlano poco, che cercano di stare con poche persone che li fanno sentire bene, ragazzi che a volte si trovano in situazioni estreme, ci si trovano per caso, perché aiutano altri o perchè le cose delle vita si susseguono in modo inaspettato.
Per gli adulti, è un romanzo che apre gli occhi sui ragazzi che stanno in disparte, quelli silenziosi, quelli che sembrano niente, quelli che ci dimentichiamo e che invece hanno bisogno di noi. Romeo aveva bisogno che i suoi genitori parlassero con lui, che raccontassero la loro storia. Romeo aveva bisogno di amici che lo ascoltassero e non lo giudicassero, Romeo non è molto intelligente, non è molto bello, non è molto talentoso… ma è molto sensibile, una sensibilità che lo rende quasi niente.
quando il modo è più importante del contenuto
A volte per parlare di adolescenza pensiamo che il tema centrale del racconto sia la cosa più importante, che sia quello che rende un racconto importante, invece a volte il modo con cui la scrittura esprime emozioni ed azioni, fa la differenza del libro, della storia.
Come i libri vengono scritti esprimono le emozioni che i personaggi condividono con il lettore; non abbiamo bisogno di avere storie sempre estreme che parlano di adolescenza, abbiamo bisogno di conoscere la realtà di tutte le adolescenze.
“Mostraci chi sei” è un romanzo edito da Uovonero edizioni che parla di neurodivergenza e abilismo. Scopriamo qualcosa di più sul libro e su queste parole!
Il libro è scritto da Elle McNicoll, scrittrice neurodivergente, che racconta di Cora, una ragazza di 13 anni autistica che abita con il padre e il fratello; quest’ultimo lavora per una società chiamata “Il Melograno” in cui si scoprirà durante la storia, che si occupa della creazione di ologrammi di persone.
Cora conosce Adrien, anche lui neurodivergente, e fra loro l’intesa è immediata, come immediato è il confronto sul tema dell’individualità, del concetto di normalità e della capacità della società di accettarli per quello che sono. La famiglia di Cora è attenta alle sue esigenze, l’ascolta e la accetta senza condizioni; la famiglia di Adrien invece solo in parte. Solo la madre è fiera di ciò che è suo figlio, mentre per il padre i suoi “difetti” vanno cancellati, eliminati, annullati perchè sono errori e non caratteristiche personali.
Senza raccontarvi troppo del libro, vorrei soffermarmi sulla parte finale in cui Cora rivendica il suo diritto a scegliere per il suo benessere. Il suo diritto a decidere se e come è giusto mantenere alcune sue caratteristiche che la rendono davvero se stessa.
Un libro che può introdurre i ragazzi più giovani al tema della neurodivergenza, e gli adulti ad alcune riflessioni importanti sul nostro modo di essere persone educanti e anche professionisti sanitari.
neurodivergenza
Partiamo quindi dal significato di neurodiversità. Si basa sul concetto per cui esistono persone neurotipiche, in quanto il funzionamento del loro cervello funziona come nella maggior parte delle persone, rientra per questo nella media.
Le persone neurodivergenti invece, rientrano in alcune minoranze statistiche e possono essere autistiche, ADHD, dislessiche.
Se noi pensiamo alle divergenze come un problema puramente medico da curare, vedremo questa caratteristiche personali come un errore da correggere; se invece ampliamo il pensiero e partiamo dallaverità che siamo tutti neurodiversi, allora quelli che venivano definiti errori iniziano a prendere la forma di caratteristiche personali.
Quindi partiamo dal fatto reale, che siamo tutti diversi. Che alcuni di noi hanno diversità che ritrovano in molte altre persone , altri hanno diversità che possono ritrovarsi in un gruppo ristretto di persone. Queste caratteristiche definiscono la persona… esattamente come quelle neurotipiche caratterizzano le persone neurotipiche.
In quest’ottica anche il lavoro di un professionista sanitario deve concentrarsi non sulla correzione di errori, ma sulla percezione e consapevolezza della persona, sul modo in cui vive la sua neurodiversità. Spesso mi sono trovata a riflettere se una caratteristica fosse da assecondare nell’altro o fosse da cambiare, se dovessi intervenire o starla a guardare e attendere. La risposta è sempre stata quella di vedere quanto, quella sfumatura, potesse fare soffrire una persona, quanto potesse farla sentire inappropriata, non voluta, inadeguata; da qui il progetto non è cambiare, ma portare a consapevolezza.
abilismo
Questo ci porta inevitabilmente a pensare, riflettere e porci il dubbio di quale sia il nostro punto di vista rispetto alla disabilità. Per anni mi sono domandata quanto il mio sguardo sulla disabilità, sui disturbi mentali, fosse condizionato dalla società e dalla cultura in cui sono cresciuta o dal semplice fatto di non avere io stessa queste difficoltà. Lo scorso anno quindi ho iniziato a informarmi su questo aspetto e vi rimando quindi alla definizione di abilismo e all’articolo di Sofia Rigetti, attivista e filosofa che si occupa proprio di informazione su questo argomento. https://www.sofiarighetti.it/2019/05/17/abilismo-e-ora-di-parlarne/
L’abilismo è l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità. Rappresenta anche il sistema di potere che ritiene che alcune abilità abbiano più valore di altre. ( es. nella società ha più valore che ci si sposti con le gambe, rispetto a coloro che si spostano usando la parte superiore del corpo)
Questa è una delle definizioni che trovate all’interno del podcast “Senza cornice” che parla di disabilità e di abilismo e che vi consiglio di ascoltare.
Questo libro offre davvero la possibilità di rileggere il pezzo di realtà che ci siamo creati. Di rivedere ciò che può essere parte di un pregiudizio interiorizzato perchè sistemico (cioè completamente dentro alle dinamiche della nostra società).
Chi di noi è un professionista della salute mentale deve porre ancora maggiore attenzione a questa dinamica, perchè il rischio di ricercare la perfezione, di voler controllare la normalità è sempre in agguato!
Abbiamo il dovere di conoscere le dinamiche sociali, linguistiche e relazionali di questi aspetti, di riconoscerli prima di tutto su di noi, per poi aiutare anche gli altri a riconoscerli e a modificarli.
Quando ci apprestiamo a creare un progetto riabilitativo, chiediamoci come si sente la persona davanti a noi, non cosa fare per farlo rientrare nella norma statistica. Chiediamoci quali strumenti possono aiutarlo ad esprimersi o a imparare, non quel strumento più di moda possiamo offrirgli!
Ci sono alcune righe trattedal primo capitolo del libro ” Anche questo è femminismo” edito da Tlon in collaborazione con Bossy, che racchiudono questa complessità:
Disabilità come una conseguenza o risultato di una complessa interazione fra corpo, fattori ambientali e personali. (…) la disabilità sia strettamente connessa sia alla società che all’individuo, cessando di essere una frattura nello stato di salute per diventare invece una variazione nel funzionamento degli esseri umani. (pag 13, Sofia Rigetti e Marina Cuollo)
Non chiudiamoci dietro alle rigidità di progetti iper selettivi e specifici, non cerchiamo sempre di semplificare la complessità. Cerchiamo di leggere questa complessità con lenti e pensieri diversi, con informazioni diverse e adatte alla società in cui viviamo, adatta alle persone con cui interagiamo.
Parlare di salute mentale, per molti è ancora un tabù o qualcosa di molto difficile, specie se occorre farlo con i ragazzi. Per questo ho raccolto qui i 3 libri divulgativi che parlano direttamente ai ragazzi di salute mentale.
LA PREVENZIONE
Partiamo da un po’ di studi scientifici e di come questi poi si ritrovano nei libri divulgativi che parlano ai ragazzi di salute mentale. Quando si parla di prevenzione facciamo riferimento a 3 livelli di prevenzione:
Primaria: una prevenzione che mira a favorire percorsi evolutivi resilienti e a promuovere abilità di base e competenze specifiche come quelle socio relazionali e comunicative. Sono interventi che vengono svolti per un grande numero di persone e non in modo specifico a un gruppo ristretto.
Secondaria: si basa sull’identificazione di fattori di rischio e ha l’obiettivo di ridurre al minimo il disagio e le difficoltà che potrebbero comparire. Ad esempio programmi in territori ad alto abbandono scolastico o verso persone che hanno familiarità con disturbi mentali.
Terziaria: è rivolta a chi presenta già un disturbo e ha l’obiettivo l’evitamento di un peggioramento o della comparsa di altri disturbi correlati.
Prima di tutto sottolinea quanto moltissimi fattori di rischio e segni siano presenti già nell’infanzia e quanto un’alta probabilità di questi fattori di rischio diventi poi un fattore scatenante per un disturbo mentale conclamato (soprattutto ansia, depressione e uso di sostanze). Allo stesso tempo mostra come interventi di prevenzione secondaria in caso di problematiche familiari, abuso, violenza, disturbi del comportamento o deprivazione, abbiamo dato ottimi risultati e una bassa percentuale di disturbi mentali conclamati. Da qui si descrivono alcuni step clinici con cui sono stati valutati interventi di prevenzione su larga scala… e la cultura diventa così uno degli interventi primari e necessari!
i libri come veicolo di prevenzione
Arriviamo quindi all’importanza dei libri citati all’inizio e al loro prezioso contenuto. Trovare dei libri con un linguaggio adatto ai giovani e che spieghino le basi di come funziona il nostro cervello e di come possiamo vivere la nostra salute mentale, è fondamentale. Se fossero in ogni scuola, in ogni biblioteca, se facessero parte di progetti strutturati per la maggior parte di bambini e ragazzi, avremmo già fatto una gran parte di prevenzione primaria!
Nei libri è possibile trovare alcune riposte, vedere aspetti scientifici e poter riguardare in caso di bisogno, alcune descrizioni, come ad esempio “come respirare per calmarsi”.
cosa c’è nella mia testa
Nel libro “Cosa c’è nella mia testa” https://editriceilcastoro.it/libri/le-15-domande-cosa-ce-nella-mia-testa/ ; troviamo 15 domande che spesso i bambini e i ragazzi si pongono riguardo al cervello e al benessere mentale. Oltre a questo anche alcuni box in cui si spiega il perché di alcuni modi di dire ma anche di alcuni pregiudizi .
Sono domande semplici ma che vengono spiegate in modo concreto e scientifico.
Fra cui anche la domanda “perchè devo dormire?” una delle domande che ogni adulto ricorda di aver posto, e ogni bambino e ragazzo sente spesso come un’attività del tutto superflua!
ISPIRAZIONE: l’essere sicuri in noi stessi parte sempre dalle figure di riferimento che abbiamo avuto: madri, amiche, personaggi famosi ed internazionali, personaggi di libri… avere un modello che possa aiutarci a mostrare i nostri punti di forza e migliorare nelle nostre criticità. Avere l’idea di poterci migliorare, di poter fare meglio (quella che si chiama in modo tecnico “intelligenza incrementale”) ci aiuta nel cambiamento personale e aiuta al cambiamento anche in senso evolutivo, cioè da bambini ad adulti.
ERRORI: il “rischio”, accettare il rischio senza fare stupidaggini. Riflettere sull’essere ciò che si desidera valutando però ciò che questo comporta. Nel libro troviamo una riflessione sui modi per superare un eventuale fallimento: sbagliare non è un problema, può esserlo se ci lasciamo inghiottire da quell’errore.
RIPROGRAMMARE IL TUO CERVELLO: ci sono stereotipi, cose che devi e non devi fare, modelli che devi o non devi seguire, vestiti che devi o non devi comprare… il tutto perché ti hanno insegnato a programmare il cervello in un certo modo, la cosa stupefacente è che tu puoi riprogrammarlo! Una delle parti di questo libro divulgativo che ho amato di più e utilizzato di più!
PERFEZIONISMO: con alcuni esercizi e riflessioni proposte dal libro non cercherai la perfezione, ma capirai cosa osservare, e in che modo, per evitare di raggiungere un ideale di perfezione, ma andare verso ciò che ti rende davvero quella che sei.
piccola guida al benessere mentale
La salute mentale cambia nel corso della vita e occorre prendersene cura: spiega che alcuni momenti di tristezza, di ansia, di difficoltà sono normali, ma che se ci sono altri segni o i tempi diventano più lunghi occorre recarsi da uno specialista.
Nella guida si parla di disabilità: punto che mi ha entusiasmato perché spesso non viene preso minimamente in considerazione. Parla di disabilità personale ma anche della fatica di vivere con un famigliare disabile. Penso ai fratelli di persone disabili che spesso vengono investiti di grandi responsabilità e che possono avere bisogno di un supporto. Esiste anche la possibilità di essere figli di persone con disabilità, fisiche o mentali. In questa parte si pone grande attenzione al “poter chiedere” un aiuto come sostegno personale per migliorare il proprio benessere mentale.
Sessualità: intesa come orientamento sessuale e educazione all’affettività, tema importantissimo ma ancora un grande tabù.
Social: l’influenza dei “mi piace” sui social e la differenza fra le istantanee di vita e quelle modificate per ottenere un’approvazione virtuale. Cosa innescano i “mi piace” nel nostro cervello e cosa fare per ottenere approvazioni nella realtà.
Problemi salute mentale: quali sono i principali, come si manifestano e quando chiedere aiuto ma anche cosa fare se un amico ti confida alcuni problemi personali.
Spero possano uscire tanti e tanti altri libri su questo tema: per togliere il tabù nel parlarne, per aiutare i più giovani a poter chiedere aiuto in modo naturale e per condividere pratiche di prevenzione primarie ma essenziali.
..quindi è normale…
Il tuo cervello è come un televisore con antenna che riceve e trasmette informazioni, e a volte, in qualsiasi periodo della vita, queste trasmissioni possono essere disturbate. A volte sono momentanei, altre volte cronici…
Durante il periodo di emergenza sanitaria, sentivamo quotidianamente parlare di morte, attraverso l’uso di tantissimi sinonimi , da “lutto” a “perdita” ma come parlare ai bambini di questi difficili temi?
Mentre ascoltavo o leggevo le notizie, pensavo a tutti quei bambini a cui veniva raccontato che un loro parente, amico o vicino di casa, era morto. Ho pensato a quanti genitori e famigliari potevano trovarsi in difficoltà e l’uscita di questo libro mi è sembrato necessario in questo momento.
Tabù di Alberto Pellai e Barbara Tamborini, Mondadori
Durante la lettura ho apprezzato l’integrazione di parti neurobiologiche con altre più legate all’educazione, un bellissimo connubio grazie ai due autori: Alberto Pellai medico e psicoterapeuta e Barbara Tamborini, psicopedagogista.
Il libro non affronta solo il tema della morte ma anche quello della separazione, non parla solo dell’evento e di come spiegarlo in modo adeguato ai bambini , si concentra anche in modo pratico ma non semplicistico sulla modalità con cui i genitori o gli adulti di riferimento possono accompagnare questi momenti.
È un libro pieno di riflessioni in cui si passa dalla teoria alla pratica, dove il punto di accordo è l’importanza di dare ai bambini un’educazione famigliare al tema della perdita, non solo nel momento in cui ci si trova ad affrontarla, ma anche in altri momenti della quotidianità familiare.
Questo libro si basa sull’alfabetizzazione emotiva di cui riporto una breve frase tratta dal libro stesso:
“ Chi non ha dimestichezza con il mondo delle emozioni rischia di restare intrappolato in un intreccio di sensazioni a cui non sa dare parola. Il bambino impara piano piano a esprimere quello che sente dentro; a casa, a scuola, ovunque, è costantemente immerso in un flusso di relazioni che generano in lui sensazioni positive e negative. L’alfabetizzazione emotiva è un compito lungo e impegnativo. A seconda della modalità con cui gli adulti di riferimento affrontano il lutto – soprattutto in fase precoce – il bambino potrà strutturare le proprie modalità di reazione ed elaborazione in modo più o meno funzionale.”
In questa frase è raccolta la parte più importante dell’intero libro, non è un manuale pronto all’uso per l’occorrenza, ma un insieme di modalità da utilizzare nella quotidianità. Non si rivolge solo ai genitori ma anche ai docenti e alla scuola, perchè anche come gruppo classe, come istituzione si è tenuti ad accogliere il dolore di un bambino o di un ragazzo ( prima di essere un alunno resta sempre una persona!), occorre avere uno sguardo anche sul gruppo classe e saper gestire le domande che possono sorgere da tutti. Il capitolo che interessa la scuola si apre in questo modo :
“Spesso, nelle classi, si vivono lutti, separazioni o eventi più o meno gravi, con implicazioni molto diverse a seconda delle capacità di percezione e comprensione degli alunni. Se gli eventi sono improvvisi e con risvolti molto complessi, l’impatto sulla psiche dei minori coinvolti direttamente e indirettamente rischia spesso di essere notevole. Mentre la normale programmazione didattica continua a dettare i calendari delle attività scolastiche, può succedere che qualcosa irrompa sulla scena e susciti nei docenti un interrogativo importante: che spazio dare a tale evento?”
La prima cosa che gli autori chiedono di fare a insegnanti ed educatori è quello di porsi delle domande, di non lasciare passare la cosa come se nulla fosse… tutto questo rientra proprio nell’alfabetizzazione emotiva.
All’interno del libro si trovano numerosi spunti pratici fra cui film e libri dedicati a questi temi, alcuni per i ragazzi e altri per gli adulti. Non sono schede o domande precostituite ma spunti di riflessione che possono aiutare gli adulti a trovare le giuste modalità comunicative per accompagnare i propri figli in questi vissuti.
Così ho deciso di aggiungere a questa recensione altri due libri per ragazzi e bambini ( il primo è consigliato anche dagli autori del libro).
“Sette minuti dopo la mezzanotte” di Patrick Ness edito da Mondadori
Un libro che ho conosciuto qualche anno fa e che ho avuto la fortuna di leggere all’interno di alcune classi, con le giuste domande è riuscito a smuovere anche i ragazzi all’apparenza più duri e all’apparenza svogliati che hanno espresso splendide riflessioni…e perchè? Perchè questo libro unisce il fantastico alla fiaba, la realtà all’immaginazione ed è scritto in modo fluido riuscendo a catturare l’attenzione anche dei lettori meno convinti. Da questo libro hanno tratto anche l’omonimo film, fedelissimo al libro e per questo super consigliato. La storia reale parla di una ragazzo e della sua mamma che sta morendo a causa di un tumore, parla delle difficoltà del parlarne e del doversi ricostruire un “dopo”…ma un saggio e spaventoso albero aiuterà il protagonista a trovare le giuste parole e i giusti pensieri proprio per il suo dopo…
“Ti ricordi ancora” di Zoran Drvenkar e Tutta Bauer edito da Terre di mezzo
Un albo illustrato in cui due donne raccontano la loro amicizia fatta di storie incredibili, avventure e di perdite. Non parla di bambini ma la sua particolarità sta proprio nel raccontare, nella quotidianità, il trascorrere della vita. È un albo poetico e pratico allo stesso tempo che aiuta anche a capire lo scorrere normale della vita, le situazioni che accadono e che non vanno nascoste.
La conclusione la lascio agli autori di “Tabù” perchè non saprei proprio scegliere parole migliori di queste:
“Leggete queste pagine come un allenamento in grado di potenziare la vostra muscolatura emotiva, per essere pronti quando i vostri figli vi chiameranno per affrontare le loro paure e per rispondere alle domande che portano nel cuore”.
Partiamo dal fatto che per molto tempo sono stata molto scettica rispetto la Mindfulness sia per la pratica che nella teoria, mi sembravano lontani dalla realtà, mi sembravano solo parole per vendere o convincere le persone, una delle tante mode che passavano per le sfere psicologiche e riabilitative. Poi ho iniziato a informarmi e capire di più perchè c’era qualcosa che in fondo mi attraeva in questa pratica della Mindfulness.
“Impareranno ad associare la mindfulness a qualcosa di benefico per loro, se praticarla sarà un momento di benessere e non di stress. Integreranno qualità mindful nella loro vita quando lo vedranno fare a te […] che sei l’adulto del loro cuore ” (pag. 29)
Ho letto alcuni articoli scientifici, studi specialistici, tutto chiaro ma mi sembravano ancora poco pratici e poco realizzabili; ho cercato alcuni libri per bambini, ma sembravano adatti solo a bambini già “adatti” a certi tipi di esercizi… poi ho scoperto questo libro.
Già dal titolo lo trovo bellissimo, il fatto che fare minduflness con i bambini significa esserlo noi come adulti; significa già incorporare il fatto che non è una pratica che va di moda, ma uno stile di vita che deve partire dagli adulti e si torna sul concetto fondamentale di esempio.
Lavinia ha condensato in questo libro anni di pratica in cui descrive le difficoltà delle persone che si sono avvicinate, assieme alle bellezze che la potenzialità mindfulness ha al suo interno; i libri che partono dalla sperimentazione sono sempre quelli che preferisco perchè sono concreti, pratici e reali. Durante la lettura del libro mi sono sentita meno imperfetta, più capace, e ho pensato che già questo passaggio sia fondamentale per il lavoro che svolgo con bambini ragazzi ogni giorno. Chiedo loro di sentirsi così: capaci.
Questo libro permette di cogliere la pratica mindfull nella generalizzazione di ogni momento, certo sono presenti esercizi e spunti per poter avere momenti dedicati, ma è tutta la spiegazione precedente che permette davvero di poter cambiare.
All’interno del libro troverete Goleman, San Francesco di Sales, citazioni di bambini e di adulti, riflessioni che vi colpiranno sul personale e altre che vedrete subito trasportabili nella pratica quotidiana. Troverete e ritroverete tanti aspetti conosciuti come l’importanza delle emozioni, il mito della perfezione e la ricerca della felicità, ma troverete anche le riflessioni che stanno dietro a queste estenuanti e sempre presenti ricerche.
Quindi se come me siete un po’ scettici, vi sentite distanti o semplicemente volete conoscere qualcosa in più senza scendere in troppi tecnicismi, questo è il libro che fa per voi…e vedrete come leggerlo sarà già un momento mindful per venire in contatto con le vostre emozioni o con ciò che siete.
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